Tappeto volante sul campo dell'orrore

Pisagua sulle punte



E proprio oggi, quando il Paese è saltato nel futuro con uno zaino pieno di cadaveri che sgocciola la traccia del suo riconciliato progresso. Quando i giorni di spavento sembrerebbero svaporati e rimane indietro nell’ieri l’aureola mestruata di quel tempo. Notti di irruzioni, mattine con camion verde oliva alla porta, in attesa di passeggeri destinati al confino. Verso il Sud, fino a un’isola sperduta sulla carta geografica. Verso il Nord, fino a qualche sezione delle miniere di sai-nitro trasformata in campo di concentramento. E lì, nel momento di abbandonare il passato, la vita familiare e la casa, con la soldataglia che obbligava a partire, con i militi, mitragliette in mano, che spintonavano gli arrestati, i quali, isterici, non sapevano cosa buttare nella valigia dell’esilio.

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Dell'incidente in sé, posso dire molto poco. Quasi niente. Si trattava di un oggetto caduto dal cielo. Tecnologico. Pezzi, parti. Tutto qui, in realtà: non posso rivelare altro. Lo so, è poco.
Non sto facendo il timido. E' solo che... be', non mi ricordo nemmeno cos'è avvenuto, tanto per dirne una. Zero assoluto: una lavagna vuota, un buco nero. Ho delle immagini vaghe, delle mezze impressioni: di essere, o di essere stato (o meglio, di stare per essere) colpito; una luce azzurra; una ringhiera; luci di altri colori; qualcuno che mi solleva sopra una specie di ripiano o di letto. Ma chi può dire che siano ricordi autentici? Chi può dire con sicurezza che il mio cervello traumatizzato non se li sia inventati, o non li abbia presi da qualche altra casella e li abbia messi lì a tappare il buco (il cratere) causato dall'incidente? Il cervello è un personaggio eclettico e scaltro. Un vero profittatore.

Il Comandante

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Il Comandante è alto un metro e ottanta e pesa settantacinque chili. Se non mi avesse ordinato un rapporto circostanziato e preciso, senza omissione alcuna, sarebbe enfatico aggiungere altro.
Mi chiamo Stefano Rondella: consideratemi lo scritturale della sua armata interiore. Del resto, si trattava di una scelta obbligata: essendo, nel reparto, l'unico dotato di coscienza, non poteva ricadere che su di me tale incarico.


Capitolo 1

Si parlava poco di lei. Quando se ne parlava i vecchi dicevano, ma solo in certe occasini, banchetti funebri, domeniche nebbiose trascorse tra amici e parenti a mangiar castagne, dicevano, questi vecchi, che era <>. Santa Nunzia del bosco. O dei castagni.

Link


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Peter Trilling stava a guardare tranquillamente, mentre gli altri bambini giocavano tra la polvere di fianco alla veranda. Con gran cura, Mary stava impastando e plasmando dei blocchetti di creta scura, da cui ricavare delle figurine appena abbozzate.
Noaks, immerso in un bagno di sudore, si sforzava di tenerle dietro. Dave e Walter avevano già finito i loro lavori e stavano riposandosi. Improvvisamente, Mary buttò indietro i capelli neri, stiracchiò la figuretta snella e posò a terra una capra modellata con la creta.


Siedo in un ufficio, circondato da teste e corpi. La mia postura segue consciamente la forma della sedia. Sono in una stanza fredda nel reparto Amministrazione dell'Università, dei Remington sono appesi alle pareti rivestite di legno, i doppi vetri ci proteggono dal caldo novembrino e ci isolano dai rumori Amministrativi che vengono dall'area reception, dove poco fa siamo stati accolti io, lo zio Charles e il Sig. deLint.

Capitolo primo

Padri e figli


E' una corsa. Guardandoli bene non sai se stanno scappando o se si stanno muovendo verso qualcuno. Una cosa è chiara: sono tre ragazzi che corrono e sono in affanno, stretti nei loro vestiti anni Settanta.
C'è, nei loro occhi e nei loro gesti, qualcosa di precipitoso. Il cerchio si spegne, ogni cosa si disfa. I muscoli delle gambe, con il sangue che li inonda a fiotti, si tendono in una corsa violenta. Non si sentono né la fatica né le eventuali ferite, si corre in assenza d'aria, in un'apnea di sensi che è delle bestie e non degli uomini.


Cambio al timone per il Blog degli Incipit.

Passione Network è un esperimento unico nel suo genere. La sfida è quella di competere, utilizzando una delle piattaforme di blogging gratuite più diffuse al mondo, con i blog network più blasonati e noti, attraverso la qualità dei contenuti e la serietà e l'impegno con i quali svolgiamo il nostro lavoro.

Un nuovo inizio, quindi, per questo blog che, sebbene fermo da gennaio 2008, ha continuato a raccogliere visite in numero ragguardevole.

A noi di Passione Network non resta che augurare a tutti voi buona lettura, invitandovi a visitare gli altri blog del network.

Avviso per i lettori

giovedì, gennaio 10, 2008 | | 0 commenti »

Il Blog degli Incipit sospende oggi le sue pubblicazioni.

Ma non per sempre.

La redazione si sta riorganizzando (a partire dallo spazio web che ci ospita), quindi sono necessari alcuni giorni di stop.

La riorganizzazione ci darà l'opportunità di offrire ai lettori e agli autori un servizio migliore e più completo.

Insomma, come si dice in questi casi, stiamo lavorando per voi!

la redazione

Aveva appena tuffato il coppolicchio della brioche nella panna della granita alla fragola, il dottor Matteo Miccichè, e con godimento stava portandoselo alle labbra, quando, alzando la testa e aprendo la bocca, i suoi occhi, che in quel momento preciso non avevano niente da fare, si fissarono sul nuovo cartellone della stagione lirica, attaccato di fronte, sul muro.
Muro di nobili origini, appartenendo al regio teatro della città, ma sempre deturpato da scritte, manifesti pubblicitari, murales, reclame e quanto d’improprio al libero cittadino potesse venire in mente di esternare al pubblico dominio.
Periodicamente, è vero, il Comune lo faceva ripulire, scrostare, dipingere; ma, forse proprio per la sua posizione elitaria sulla via principale, nel giro di un paio di settimane si era punto e a capo.
Era, questa di scrivere sul muro, un’abitudine talmente radicata in paese da poter essere considerata ormai una tradizione; tanto che i clienti abituali del bar più antico del corso, il Rigoletto, quando se ne stavano sfaccendati ai tavoli all’aperto, clima permettendo (vale a dire quasi sempre), passavano il tempo a leggere le novità sulla parete di fronte, commentandole vivacemente e spesso in modo piuttosto pittoresco.
In verità, vi si leggevano storie assai più ghiotte, umane e credibili di quelle pubblicate dal quotidiano cittadino. Certo, erano notizie ufficiose; perlopiù pettegolezzi, ingiurie, storie d’amore, tifoserie, profferte di sesso illecito, o anche spiate, accuse, sfoghi disperati. Sul muro c’era da leggere per tutti i gusti, e ogni palato trovava il sapore che gli rianimava la giornata o che gliela schifìava definitivamente.
Sta di fatto che, subito dopo ogni intervento igienista del comune, al Rigoletto si respirava un’aria triste e sconsolata; la vista del muro imbiancato, l’aria linda e civile, da monumento europeo, che il teatro riacquistava, gettava nello sconforto i cittadini.
I clienti del Rigoletto se ne stavano seduti ai tavoli d’alluminio, quasi a disagio e, tra una mano di carte e l’altra, avevano l’impressione di non aver niente da dire, nessun motivo per ridere o lamentarsi, nulla!
Forse per questo, il giorno seguente a ogni tinteggio, la prima frase che si ritrovava scritta sul muro immacolato era: Governo ladro. Ladro a prescindere, ovvio, e ladro della libertà di scrivere sul muro ciò che si vuole, magari la verità; quella che si reputa la verità che, pure quando è inganno, rappresenta sempre una faccia della realtà, importante da condividere; anzi, in Sicilia, pure più importante.

Editore: GBM
Anno di pubblicazione: 2006

Capitolo 1
Il peggior compleanno


Non era la prima volta che scoppiava un litigio durante la colazione, al numero 4 di Privet Drive. Il signor Vernon Dursley era stato svegliato all'alba da un fischio acutissimo proveniente dalla camera di suo nipote Harry.
“Tre volte in una settimana!” tuonò dall'altra parte del tavolo. “Se non riesci a tenere a bada quella civetta, dovrà andarsene!”
Ancora una volta, Harry provò a spiegare.
“Si annoia” disse. “Edvige è abituata a volare all'aperto. Se solo potessi lasciarla libera di notte...”
“Ma mi hai preso per scemo?” ringhiò zio Vernon con un pezzetto di uovo fritto impigliato nei baffoni. “So bene cosa succederebbe a lasciar libero quell'animale”. E scambiò un'occhiata cupa con la moglie Petunia. Harry tentò di replicare, ma le sue parole furono sommerse da un rutto lungo e sonoro di suo cugino Dudley.
“Voglio ancora bacon”.
“Ce n'è tanto nella padella, tesoruccio” disse zia Petunia, posando uno sguardo tenero sul suo grasso figliolo. “Devi mangiare, finché sei a casa... La mensa di quella scuola non mi convince affatto...”
“Sciocchezze, Petunia. Io non ho mai avuto fame, quando ero a Snobkin” disse zio Vernon accalorandosi. “Dudley mangia abbastanza; non è vero, figliolo?”

La bella città, teatro di un tempo di così grande tragedia.


Intra Tupino, e l’acqua che discende del colle eletto dal Beato Ubaldo, fertile costa d’alto monte pende, onde Perugia sente freddo e caldo da Porta Sole; e dietro piange per greve giogo Nocera con Gualdo

Dante Alighieri - Par. XI


Gualdo Tadino è oggi un insediamento di circa sedicimila abitanti che può fregiarsi del titolo di città che gli fu amabilmente concesso, il 5marzo 1833, da Papa Gregorio XVI che ne cambiò anche il nome, da Gualdo di Nocera in quello attuale.
La città sorse presso le rovine della vecchia Gualdum, (voce della bassa latinità “selva” o più genericamente dal tedesco wald, bosco) distrutta da un incendio nel 1237, la quale aveva a sua volta sostituito l’antica Tadinum rasa al suolo nel 996 da Ottone III.
Per la sua adesione al partito ghibellino fu favorita da Federico II, ma dopo la sua morte dovette soggiacere al grave giogo (Dante, Paradiso, XI, 48) della guelfa Perugia, di cui seguì le fortunose vicende per quasi due secoli.
Nel 1469 fu annessa agli stati della Chiesa come legazione autonoma e poi (1587-1798) come commissariato apostolico.
È famosa per le sue acque (sorgenti della Rocchetta) ed è separata dalle Marche da montagne, in uno scenario naturale fra i più belli dell’Umbria.
Oliveti e conifere la incorniciano, elegantemente adagiata a 535 m.s.m. sulle ultime propaggini del monte Serra Santa (1348 m.) verso il piano percorso dal torrente Rasina.
La rocca eretta da Federico II, una stupenda pinacoteca e la chiesa museo di San Francesco (bellissima opera architettonica gotica, con dipinti del Matteo da Gualdo, Niccolò Alunno ed altri celeberrimi pittori) sono i monumenti più importanti.
Il duomo (S.Benedetto) del sec. XIII occupa uno dei lati della bella piazza cittadina.
I suoi tre portali, il rosone centrale e gli affreschi di Matteo da Gualdo e di Giuseppe Discepoli lo rendono preziosa opera d’arte.
La gente, dolce e guerriera al tempo stesso, ricalca il naturale carattere degli umbri.
I gualdesi, per solida e prestigiosa tradizione, sono inclini alla pratica di una delle più alte forme dell’arte, il decoro della ceramica.
Tra i manufatti, oltre a una pregevole produzione commerciale, brilla, per raffinatezza e notorietà, il decoro a riflesso, frutto della geniale intuizione cinquecentesca di Mastro Giorgio.
Questa città, oltre che per la storica battaglia del 552 d.C. che contrappose le milizie dell’impero romano d’oriente comandate da Narsete contro gli Ostrogoti del formidabile Baduila (Totila), che segnò in modo definitivo il futuro dell’Italia, è nota, come già detto, per il tragico incendio che la distrusse nel XIII sec.
Nel marzo 1237 la città castello fu letteralmente rasa al suolo da un incendio di dimensioni enormi e molti furono gli abitanti che perirono. Si ebbe a dire che solo Cartagine, per volere del senato romano, ebbe sorte peggiore.
In questo periodo la nostra storia ha inizio e fine.

Cristiani e cretini

Cristo è la traslitterazione del termine greco christos, “unto”, scelto dalla Bibbia dei Settanta per tradurre il termine ebraico mashiah, “messia”, col quale l’Antico Testamento indicava colui che doveva venire a restaurare il regno di Israele. Fra i tanti sedicenti Cristi o Messia della storia, i Vangeli canonici identificano il loro con Gesù: a sua volta la traslitterazione di Ye(ho)shua, “Dio salva” o “Dio aiuta”, un nome comune ebraico che secondo Matteo fu suggerito in sogno a Giuseppe da un angelo perché il figlio di Maria «avrebbe salvato il suo popolo dai suoi peccati». Cristiano, che ovviamente significa “seguace di Cristo”, nella tradizione evangelica sta dunque ad indicare “seguace di Gesù”, secondo un uso che gli Atti degli Apostoli fanno risalire alla comunità di Antiochia. Col passare del tempo l’espressione è poi passata a indicare dapprima una persona qualunque, come nell’inglese christened, “nominato” o “chiamato”, e poi un poveraccio, come nel nostro povero cristo. Addirittura, lo stesso termine cretino deriva da “cristiano” (attraverso il francese crétin, da chrétien), con un uso già attestato dall’Enciclopedia nel 1754: secondo il Pianigiani, «perché cotali individui erano considerati come persone semplici e innocenti, ovvero perché, stupidi e insensati quali sono, sembrano quasi assorti nella contemplazione delle cose celesti». L’accostamento tra Cristianesimo e cretinismo, apparentemente irriguardoso, è in realtà corroborato dall’interpretazione autentica di Cristo stesso, che nel Discorso della Montagna iniziò l’elenco delle beatitudini con: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli», usando una formula che ricorre tipicamente anche in ebraico (anawim ruach).

Editore: Longanesi
Anno di pubblicazione: 2007

Dal foro praticato nella recinzione cominciò ad affluire una piccola folla dalle T-shirt cenciose. Il lettore cd che Ali Sweti mostrava con orgoglio ai suoi compagni di classe aveva finito con l’attirare intorno a lui più ragazzini di quanti il passaggio di auricolari potesse accontentarne prima della fine della ricreazione.
“Me l’ha regalato mio fratello. Me l’ha regalato Rhamul per il mio compleanno”, continuava a ripetere.
Non che agli altri interessasse, almeno non quanto l’ultimo successo dei Planetfunk che rimbombava fin quasi alla distorsione negli auricolari Quasi allo stesso volume, quella stessa canzone, Who said, aiutava Shaul a immaginare un mondo completamente diverso al di là dello scafo del carro armato. Un mondo dove un ragazzo come lui spendeva i suoi diciotto anni a cazzeggiare con gli amici piuttosto che ad aspettare l’ordine per scatenare una tempesta di fuoco contro abitazioni civili

Editore: Maprosti & Lisanti
Anno di pubblicazione: 2007

Prologo

A questo punto non si spiega come io, Galcerán de Born, che da poco ho smesso i panni di cavaliere dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, secondogenito del nobile signore di Taradell, già crociato in Terrasanta e vassallo di nostro signore Giacomo II d’Aragona, possa credere ancora all’esistenza di un destino occulto e ineluttabile tra i casi in apparenza accidentali della vita.
Nondimeno, quando ripenso agli accadimenti degli scorsi quattro anni, e vi ripenso con insistenza molesta, non riesco a liberarmi del sospetto che sia un fatum misterioso, forse il supremum fatum di cui parla la Qabalah, a tessere i fili degli eventi con una lucida visione del futuro, senza tener in conto alcuno i nostri progetti e i nostri desideri. Così dunque, nell’intento di chiarire le mie confuse idee e con il desiderio di lasciare memoria delle strane circostanze della storia, acciocché le possano conoscer fedelmente le generazioni a venire, comincio questa cronaca nell’anno di Nostro Signore 1319 nella piccola località portoghese di Serra d’El-Rei dove esercito, tra le altre attività, quella di medico.

Editore: Sonzogno
Anno di pubblicazione: 2005