La bella città, teatro di un tempo di così grande tragedia.


Intra Tupino, e l’acqua che discende del colle eletto dal Beato Ubaldo, fertile costa d’alto monte pende, onde Perugia sente freddo e caldo da Porta Sole; e dietro piange per greve giogo Nocera con Gualdo

Dante Alighieri - Par. XI


Gualdo Tadino è oggi un insediamento di circa sedicimila abitanti che può fregiarsi del titolo di città che gli fu amabilmente concesso, il 5marzo 1833, da Papa Gregorio XVI che ne cambiò anche il nome, da Gualdo di Nocera in quello attuale.
La città sorse presso le rovine della vecchia Gualdum, (voce della bassa latinità “selva” o più genericamente dal tedesco wald, bosco) distrutta da un incendio nel 1237, la quale aveva a sua volta sostituito l’antica Tadinum rasa al suolo nel 996 da Ottone III.
Per la sua adesione al partito ghibellino fu favorita da Federico II, ma dopo la sua morte dovette soggiacere al grave giogo (Dante, Paradiso, XI, 48) della guelfa Perugia, di cui seguì le fortunose vicende per quasi due secoli.
Nel 1469 fu annessa agli stati della Chiesa come legazione autonoma e poi (1587-1798) come commissariato apostolico.
È famosa per le sue acque (sorgenti della Rocchetta) ed è separata dalle Marche da montagne, in uno scenario naturale fra i più belli dell’Umbria.
Oliveti e conifere la incorniciano, elegantemente adagiata a 535 m.s.m. sulle ultime propaggini del monte Serra Santa (1348 m.) verso il piano percorso dal torrente Rasina.
La rocca eretta da Federico II, una stupenda pinacoteca e la chiesa museo di San Francesco (bellissima opera architettonica gotica, con dipinti del Matteo da Gualdo, Niccolò Alunno ed altri celeberrimi pittori) sono i monumenti più importanti.
Il duomo (S.Benedetto) del sec. XIII occupa uno dei lati della bella piazza cittadina.
I suoi tre portali, il rosone centrale e gli affreschi di Matteo da Gualdo e di Giuseppe Discepoli lo rendono preziosa opera d’arte.
La gente, dolce e guerriera al tempo stesso, ricalca il naturale carattere degli umbri.
I gualdesi, per solida e prestigiosa tradizione, sono inclini alla pratica di una delle più alte forme dell’arte, il decoro della ceramica.
Tra i manufatti, oltre a una pregevole produzione commerciale, brilla, per raffinatezza e notorietà, il decoro a riflesso, frutto della geniale intuizione cinquecentesca di Mastro Giorgio.
Questa città, oltre che per la storica battaglia del 552 d.C. che contrappose le milizie dell’impero romano d’oriente comandate da Narsete contro gli Ostrogoti del formidabile Baduila (Totila), che segnò in modo definitivo il futuro dell’Italia, è nota, come già detto, per il tragico incendio che la distrusse nel XIII sec.
Nel marzo 1237 la città castello fu letteralmente rasa al suolo da un incendio di dimensioni enormi e molti furono gli abitanti che perirono. Si ebbe a dire che solo Cartagine, per volere del senato romano, ebbe sorte peggiore.
In questo periodo la nostra storia ha inizio e fine.

1 commenti

  1. Anonimo // 4 febbraio 2008 alle ore 08:47  

    Grande Francesco.
    Magnifica rilettura di questo controverso personaggio.
    Spix