Avviso per i lettori

giovedì, gennaio 10, 2008 | | 0 commenti »

Il Blog degli Incipit sospende oggi le sue pubblicazioni.

Ma non per sempre.

La redazione si sta riorganizzando (a partire dallo spazio web che ci ospita), quindi sono necessari alcuni giorni di stop.

La riorganizzazione ci darà l'opportunità di offrire ai lettori e agli autori un servizio migliore e più completo.

Insomma, come si dice in questi casi, stiamo lavorando per voi!

la redazione

Aveva appena tuffato il coppolicchio della brioche nella panna della granita alla fragola, il dottor Matteo Miccichè, e con godimento stava portandoselo alle labbra, quando, alzando la testa e aprendo la bocca, i suoi occhi, che in quel momento preciso non avevano niente da fare, si fissarono sul nuovo cartellone della stagione lirica, attaccato di fronte, sul muro.
Muro di nobili origini, appartenendo al regio teatro della città, ma sempre deturpato da scritte, manifesti pubblicitari, murales, reclame e quanto d’improprio al libero cittadino potesse venire in mente di esternare al pubblico dominio.
Periodicamente, è vero, il Comune lo faceva ripulire, scrostare, dipingere; ma, forse proprio per la sua posizione elitaria sulla via principale, nel giro di un paio di settimane si era punto e a capo.
Era, questa di scrivere sul muro, un’abitudine talmente radicata in paese da poter essere considerata ormai una tradizione; tanto che i clienti abituali del bar più antico del corso, il Rigoletto, quando se ne stavano sfaccendati ai tavoli all’aperto, clima permettendo (vale a dire quasi sempre), passavano il tempo a leggere le novità sulla parete di fronte, commentandole vivacemente e spesso in modo piuttosto pittoresco.
In verità, vi si leggevano storie assai più ghiotte, umane e credibili di quelle pubblicate dal quotidiano cittadino. Certo, erano notizie ufficiose; perlopiù pettegolezzi, ingiurie, storie d’amore, tifoserie, profferte di sesso illecito, o anche spiate, accuse, sfoghi disperati. Sul muro c’era da leggere per tutti i gusti, e ogni palato trovava il sapore che gli rianimava la giornata o che gliela schifìava definitivamente.
Sta di fatto che, subito dopo ogni intervento igienista del comune, al Rigoletto si respirava un’aria triste e sconsolata; la vista del muro imbiancato, l’aria linda e civile, da monumento europeo, che il teatro riacquistava, gettava nello sconforto i cittadini.
I clienti del Rigoletto se ne stavano seduti ai tavoli d’alluminio, quasi a disagio e, tra una mano di carte e l’altra, avevano l’impressione di non aver niente da dire, nessun motivo per ridere o lamentarsi, nulla!
Forse per questo, il giorno seguente a ogni tinteggio, la prima frase che si ritrovava scritta sul muro immacolato era: Governo ladro. Ladro a prescindere, ovvio, e ladro della libertà di scrivere sul muro ciò che si vuole, magari la verità; quella che si reputa la verità che, pure quando è inganno, rappresenta sempre una faccia della realtà, importante da condividere; anzi, in Sicilia, pure più importante.

Editore: GBM
Anno di pubblicazione: 2006

Capitolo 1
Il peggior compleanno


Non era la prima volta che scoppiava un litigio durante la colazione, al numero 4 di Privet Drive. Il signor Vernon Dursley era stato svegliato all'alba da un fischio acutissimo proveniente dalla camera di suo nipote Harry.
“Tre volte in una settimana!” tuonò dall'altra parte del tavolo. “Se non riesci a tenere a bada quella civetta, dovrà andarsene!”
Ancora una volta, Harry provò a spiegare.
“Si annoia” disse. “Edvige è abituata a volare all'aperto. Se solo potessi lasciarla libera di notte...”
“Ma mi hai preso per scemo?” ringhiò zio Vernon con un pezzetto di uovo fritto impigliato nei baffoni. “So bene cosa succederebbe a lasciar libero quell'animale”. E scambiò un'occhiata cupa con la moglie Petunia. Harry tentò di replicare, ma le sue parole furono sommerse da un rutto lungo e sonoro di suo cugino Dudley.
“Voglio ancora bacon”.
“Ce n'è tanto nella padella, tesoruccio” disse zia Petunia, posando uno sguardo tenero sul suo grasso figliolo. “Devi mangiare, finché sei a casa... La mensa di quella scuola non mi convince affatto...”
“Sciocchezze, Petunia. Io non ho mai avuto fame, quando ero a Snobkin” disse zio Vernon accalorandosi. “Dudley mangia abbastanza; non è vero, figliolo?”

La bella città, teatro di un tempo di così grande tragedia.


Intra Tupino, e l’acqua che discende del colle eletto dal Beato Ubaldo, fertile costa d’alto monte pende, onde Perugia sente freddo e caldo da Porta Sole; e dietro piange per greve giogo Nocera con Gualdo

Dante Alighieri - Par. XI


Gualdo Tadino è oggi un insediamento di circa sedicimila abitanti che può fregiarsi del titolo di città che gli fu amabilmente concesso, il 5marzo 1833, da Papa Gregorio XVI che ne cambiò anche il nome, da Gualdo di Nocera in quello attuale.
La città sorse presso le rovine della vecchia Gualdum, (voce della bassa latinità “selva” o più genericamente dal tedesco wald, bosco) distrutta da un incendio nel 1237, la quale aveva a sua volta sostituito l’antica Tadinum rasa al suolo nel 996 da Ottone III.
Per la sua adesione al partito ghibellino fu favorita da Federico II, ma dopo la sua morte dovette soggiacere al grave giogo (Dante, Paradiso, XI, 48) della guelfa Perugia, di cui seguì le fortunose vicende per quasi due secoli.
Nel 1469 fu annessa agli stati della Chiesa come legazione autonoma e poi (1587-1798) come commissariato apostolico.
È famosa per le sue acque (sorgenti della Rocchetta) ed è separata dalle Marche da montagne, in uno scenario naturale fra i più belli dell’Umbria.
Oliveti e conifere la incorniciano, elegantemente adagiata a 535 m.s.m. sulle ultime propaggini del monte Serra Santa (1348 m.) verso il piano percorso dal torrente Rasina.
La rocca eretta da Federico II, una stupenda pinacoteca e la chiesa museo di San Francesco (bellissima opera architettonica gotica, con dipinti del Matteo da Gualdo, Niccolò Alunno ed altri celeberrimi pittori) sono i monumenti più importanti.
Il duomo (S.Benedetto) del sec. XIII occupa uno dei lati della bella piazza cittadina.
I suoi tre portali, il rosone centrale e gli affreschi di Matteo da Gualdo e di Giuseppe Discepoli lo rendono preziosa opera d’arte.
La gente, dolce e guerriera al tempo stesso, ricalca il naturale carattere degli umbri.
I gualdesi, per solida e prestigiosa tradizione, sono inclini alla pratica di una delle più alte forme dell’arte, il decoro della ceramica.
Tra i manufatti, oltre a una pregevole produzione commerciale, brilla, per raffinatezza e notorietà, il decoro a riflesso, frutto della geniale intuizione cinquecentesca di Mastro Giorgio.
Questa città, oltre che per la storica battaglia del 552 d.C. che contrappose le milizie dell’impero romano d’oriente comandate da Narsete contro gli Ostrogoti del formidabile Baduila (Totila), che segnò in modo definitivo il futuro dell’Italia, è nota, come già detto, per il tragico incendio che la distrusse nel XIII sec.
Nel marzo 1237 la città castello fu letteralmente rasa al suolo da un incendio di dimensioni enormi e molti furono gli abitanti che perirono. Si ebbe a dire che solo Cartagine, per volere del senato romano, ebbe sorte peggiore.
In questo periodo la nostra storia ha inizio e fine.

Cristiani e cretini

Cristo è la traslitterazione del termine greco christos, “unto”, scelto dalla Bibbia dei Settanta per tradurre il termine ebraico mashiah, “messia”, col quale l’Antico Testamento indicava colui che doveva venire a restaurare il regno di Israele. Fra i tanti sedicenti Cristi o Messia della storia, i Vangeli canonici identificano il loro con Gesù: a sua volta la traslitterazione di Ye(ho)shua, “Dio salva” o “Dio aiuta”, un nome comune ebraico che secondo Matteo fu suggerito in sogno a Giuseppe da un angelo perché il figlio di Maria «avrebbe salvato il suo popolo dai suoi peccati». Cristiano, che ovviamente significa “seguace di Cristo”, nella tradizione evangelica sta dunque ad indicare “seguace di Gesù”, secondo un uso che gli Atti degli Apostoli fanno risalire alla comunità di Antiochia. Col passare del tempo l’espressione è poi passata a indicare dapprima una persona qualunque, come nell’inglese christened, “nominato” o “chiamato”, e poi un poveraccio, come nel nostro povero cristo. Addirittura, lo stesso termine cretino deriva da “cristiano” (attraverso il francese crétin, da chrétien), con un uso già attestato dall’Enciclopedia nel 1754: secondo il Pianigiani, «perché cotali individui erano considerati come persone semplici e innocenti, ovvero perché, stupidi e insensati quali sono, sembrano quasi assorti nella contemplazione delle cose celesti». L’accostamento tra Cristianesimo e cretinismo, apparentemente irriguardoso, è in realtà corroborato dall’interpretazione autentica di Cristo stesso, che nel Discorso della Montagna iniziò l’elenco delle beatitudini con: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli», usando una formula che ricorre tipicamente anche in ebraico (anawim ruach).

Editore: Longanesi
Anno di pubblicazione: 2007

Dal foro praticato nella recinzione cominciò ad affluire una piccola folla dalle T-shirt cenciose. Il lettore cd che Ali Sweti mostrava con orgoglio ai suoi compagni di classe aveva finito con l’attirare intorno a lui più ragazzini di quanti il passaggio di auricolari potesse accontentarne prima della fine della ricreazione.
“Me l’ha regalato mio fratello. Me l’ha regalato Rhamul per il mio compleanno”, continuava a ripetere.
Non che agli altri interessasse, almeno non quanto l’ultimo successo dei Planetfunk che rimbombava fin quasi alla distorsione negli auricolari Quasi allo stesso volume, quella stessa canzone, Who said, aiutava Shaul a immaginare un mondo completamente diverso al di là dello scafo del carro armato. Un mondo dove un ragazzo come lui spendeva i suoi diciotto anni a cazzeggiare con gli amici piuttosto che ad aspettare l’ordine per scatenare una tempesta di fuoco contro abitazioni civili

Editore: Maprosti & Lisanti
Anno di pubblicazione: 2007

Prologo

A questo punto non si spiega come io, Galcerán de Born, che da poco ho smesso i panni di cavaliere dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, secondogenito del nobile signore di Taradell, già crociato in Terrasanta e vassallo di nostro signore Giacomo II d’Aragona, possa credere ancora all’esistenza di un destino occulto e ineluttabile tra i casi in apparenza accidentali della vita.
Nondimeno, quando ripenso agli accadimenti degli scorsi quattro anni, e vi ripenso con insistenza molesta, non riesco a liberarmi del sospetto che sia un fatum misterioso, forse il supremum fatum di cui parla la Qabalah, a tessere i fili degli eventi con una lucida visione del futuro, senza tener in conto alcuno i nostri progetti e i nostri desideri. Così dunque, nell’intento di chiarire le mie confuse idee e con il desiderio di lasciare memoria delle strane circostanze della storia, acciocché le possano conoscer fedelmente le generazioni a venire, comincio questa cronaca nell’anno di Nostro Signore 1319 nella piccola località portoghese di Serra d’El-Rei dove esercito, tra le altre attività, quella di medico.

Editore: Sonzogno
Anno di pubblicazione: 2005

Capitolo 1

Il bambino sopravvissuto

Mr e Mrs Dursley, di Privet Drive numero 4, erano orgogliosi di poter affermare che erano perfettamente normali, e grazie tante. Erano le ultime persone al mondo da cui aspettarsi che avessero a che fare con cose strane o misteriose, perché sciocchezze del genere proprio non le approvavano.

Mr Dursley era direttore di una ditta di nome Grunnings, che fabbricava trapani. Era un uomo corpulento, nerboruto, quasi senza collo e con un grosso paio di baffi. Mrs Dursley era magra, bionda e con un collo quasi due volte più lungo del normale, il che le tornava assai utile, dato che passava gran parte del tempo ad allungarlo oltre la siepe del giardino per spiare i vicini. I Dursley avevano un figlioletto di nome Dudley e secondo loro non esisteva al mondo un bambino più bello.

Editore: Salani
Anno di pubblicazione: 1998

"Bambina, ho fatto un sogno".
La voce di Rhiannon O’Suileabhain era flebile, ma decisa. Eibhlin le si avvicinò nonostante percepisse forte intorno a lei l’odore della malattia che la stava uccidendo. E quella mattina, mentre fuori splendeva caldo il sole di Lugnasad, la festa del raccolto, era come se il vapore della morte avesse varcato le porte che conducono al mondo inferiore per avvolgere l’anziana Rhiannon.
Eibhlin posò una mano sullo scarno petto della nonna, e lei gliela afferrò, stringendola tra le sue.
"Ascolta con attenzione, bambina, perché non credo mi resti molto tempo. Ho fatto un sogno. Tu eri a cavallo, come la dea Rhiannon, e galoppavi seguendo con lo sguardo il volo di un candido cigno."


Editore: Maprosti & Lisanti
Anno di pubblicazione: 2007

Capitolo 1

Gli ultimi a vederli vivi

Il villaggio di Holcomb si trova sulle alte pianure di grano del Kansas occidentale, una zona desolata che nel resto dello stato viene definita «laggiù.» Un centinaio di chilometri a est del confine del Colorado, il paesaggio, con i suoi duri cieli azzurri e l'aria limpida e secca, ha un'atmosfera più da Far West che da Middle West. L'accento locale ha pungenti risonanze di praterìa, una nasalità da bovari, e gli uomini, molti di loro, portano stretti pantaloni da cowboy, cappello a larghe tese e stivali con tacchi alti e punte aguzze. Il terreno è piatto e gli orizzonti paurosamente estesi; cavalli, mandrie di bestiame, un gruppo di silos bianchi che si elevano aggraziati come templi greci, sono visibili parecchio prima che il viaggiatore li raggiunga. Anche Holcomb può essere scorto da grandi distanze. Non che ci sia molto da vedere; solo un confuso agglomerato di costruzioni diviso al centro dai binari della Ferrovia Santa Fé, un borgo qualsiasi delimitato a sud da un tratto del fiume Arkansas (pronunciato Ar-kansas),' a nord da un'autostrada, la Route 50, a est e a ovest da praterie e campi di grano. Dopo una pioggia, o quando le nevi si sciolgono, le strade prive di nome, di ombra, di pavimentazione, passano dal polverone al fango.

Editore: Garzanti
Anno di pubblicazione: 2005

La telefonata arrivò alle 9 e 37 della sera del 18 marzo, sabato, vigilia della rutilante e rombante festa che la città dedicava a san Giuseppe falegname: e al falegname ap­punto erano offerti i roghi di mobili vec­chi che quella sera si accendevano nei quar­tieri popolari, quasi promessa ai falegnami ancora in esercizio, e ormai pochi, di un lavoro che non sarebbe mancato. Gli uffi­ci erano, più delle altre sere a quell'ora, quasi deserti: anche se illuminati, l'illuminazione serale e notturna degli uffici di po­lizia tacitamente prescritta per dare im­pressione ai cittadini che in quegli uffici sempre sulla loro sicurezza si vegliava.


Editore: Edizioni Angolo Manzoni
Anno di pubblicazione: 1997

La Torre Sud non aveva ancora finito di accartocciarsi su se stessa quando Sidney Carmichael abbandonò la lista dei vini che stava preparando, si slanciò fuori dal ristorante Ai Tre Merli e cominciò a correre lungo West Broadway immergendosi nella corrente impazzita di mezzi di soccorso che si precipitavano ululando verso il World Trade Center e sciami di persone terrorizzate che cercavano scampo lontano da Lower Manhattan.


Editore: Maprosti & Lisanti
Anno di pubblicazione: 2006

Mio caro Marco,

Sono andato stamattina dal mio medico, Ermogene, recentemente rientrato in Villa da un lungo viaggio in Asia. Bisognava che mi visitasse a digiuno ed eravamo d’accordo per incontrarci di primo mattino. Ho deposto mantello e tunica; mi sono adagiato sul letto. Ti risparmio particolari che sarebbero altrettanto sgradevoli per te quanto lo sono per me, e la descrizione del corpo di un uomo che s’inoltra negli anni ed è vicino a morire di un’idropisia del cuore. Diciamo solo che ho tossito, respirato, trattenuto il fiato, secondo le indicazioni di Ermogene, allarmato suo malgrado per la rapidità dei progressi del male, pronto ad attribuirne la colpa al giovane Giolla, che m’ha curato in sua assenza. È difficile rimanere imperatore in presenza di un medico; difficile anche conservare la propria essenza umana: l’occhio del medico non vede in me che un aggregato di umori, povero amalgama di linfa e di sangue.

Editore: Einaudi
Anno di pubblicazione: 2005

1

La vecchia signora aveva cambiato idea. Non voleva più morire. Ma quando l’aveva deciso era ormai troppo tardi. Aveva conficcato le unghie nell’intonaco della parete fino a spezzarsele, poi aveva portato le mani al collo, cercando di infilarle sotto la corda. Si era rotta quattro dita dei piedi sferrando calci al muro. Tutto questo rivelava una disperata voglia di vivere, tanto che Harry Bosch si chiese cosa l’avesse spinta a suicidarsi. Perché il gusto della vita l’aveva abbandonata, per ripresentarsi solo al momento in cui aveva infilato la testa nel nodo scorsoio e aveva fatto cadere la sedia?


Editore: Piemme (pocket)
Anno di pubblicazione: 2006

Durante il fine settimana gli avvoltoi s’introdussero attraverso i balconi della casa presidenziale, fiaccarono a beccate le maglie di filo di ferro delle finestre e smossero con le ali il tempo stagnato nell’interno, e all’alba del lunedì la città si svegliò dal suo letargo di secoli con una tiepida e tenera brezza di morto grande e di putrefatta grandezza. Solo allora ci azzardammo a entrare senza prendere d’assalto i muri corrosi di pietra fortificata, come volevano i più risoluti, o sbandellare con coppie di buoi l’entrata principale, come altri proponevano, poiché bastò che qualcuno li spingesse per far cedere nei loro gangheri i portoni blindati che nei tempi eroici della casa avevano resistito alle bombarde di William Dampier.



Editore: Mondadori (oscar)
Anno di pubblicazione: 2005